Iacop: la norma favorisce i grandi Comuni e penalizza i piccoli

Messaggero Veneto 19.01.2021 - Dalle battaglie dei sindaci di centrodestra contro le Uti, nella passata legislatura, siamo arrivati ora alla presunta libertà dei Comuni, annunciata dall’assessore Roberti con la dichiarazione che le prime battaglie erano un qualificato dibattito politico, mentre le discussioni odierne sono mera propaganda elettorale. Di certo possiamo constatare che la giunta Fedriga ha distrutto un sistema, (quello delle Uti che con i suoi difetti, comunque correggibili, stava dando diffusi esempi di funzionamento), vanificando un obiettivo di decentramento ad appannaggio di un rinnovato centralismo. Nel disegno della giunta, i primi cittadini sono destinati a essere dei solitari che per realizzare le opere necessarie sui propri territori per le proprie comunità saranno costretti a sperare che “Mamma Regione” dica sì alle loro richieste. Pur se all’apparenza la delibera fissa dei criteri per il riparto e la gestione dei fondi per la concertazione, la decisione finale sui progetti che verranno finanziati, resta sempre discrezionalmente in capo alle direzioni regionali, confermando quindi l’impressione del famoso metodo del “cappello in mano” che i sindaci dovranno tendere. Inoltre, si perde sempre più di vista il concetto di condivisione strutturale di area vasta dei progetti da finanziare, a maggior ragione quando si fissano anche le priorità strategiche di finanziamento, perché solo il 25% dei fondi è destinato a enti di area vasta, le Comunità di montagna e Collinare, mentre il 75% va ai Comuni in forma singola o associata. Ma con le Uti ormai chiuse, e solo poche Comunità volontarie nate, magari proprio con la volontà di proseguire positive esperienze acquisite nelle Uti, diventa difficile pensare che ci saranno molti Comuni che sceglieranno di associarsi. Di conseguenza i Comuni più grandi saranno favoriti dalle regole, vista la difficoltà dei piccoli a organizzarsi e programmare in maniera associata, e quindi allora vedremo se e chi si metterà a disposizione per condividere le loro richieste. Saranno disponibilità relativamente a strategie comuni oppure a filiere politiche? Su tutta questa situazione permane l’equivoca condizione dei nuovi Edr: l’inconsistenza dell’architettura del sistema istituzionale regionale pensato dalla Lega e dal centrodestra si conferma guardando a quelli che secondo loro dovevano essere le nuove Province, e che invece sono e rimarranno Enti regionali, con dirigenti e personale, che per il momento lavorano solo sull’edilizia scolastica superiore. Vedremo quando e se mai si attuerà la vera riforma annunciata.

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