Iacop: col No la specialità non ha più tutela

Vita Cattolica - 7 dicembre 2016. Di F.D.M.

Iacop: col No la specialità non ha più tutela

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Franco Iacop, presidente del Consiglio regionale e coordinatore dei presidenti delle assemblee regionali, è preoccupato, mentre tutti i friulani, pardon… tanti, sono soddisfatti.

Il No al referendum ha messo in sicurezza la specialità del Friuli-Venezia Giulia…
«Un attimo, vada a chiederlo a Zaia che accusava Renzi e la riforma di aver garantito solo le Speciali. In effetti, quella riforma ci dava tutti gli spazi per tenere lontano ogni pericolo dall’autonomia e dalla specialità. Oggi, i vari Zaia, Brunetta, Rossi e quanti altri non perdono occasione di sollecitare un colpo di spugna verso le autonomie, avranno ogni possibilità di manovra. E noi abbiamo una debolezza unica per difenderci».

E per questo che Trento e Bolzano hanno votato Sì?
«Si, in quelle Province la cultura dell’autonomia è più forte che da noi. Qui sentiamo il richiamo dei riferimenti politici generali e non ci curiamo dei nostri interessi. L’identità e l’autonomia non sono un soprammobile».

Se lo dice lei…
«Le nostre prerogative le sto difendendo con i denti. Io, la Serracchiani e tanti altri. Non creda che sia facile».

Lei ha appena evocato la presidente. Non ritiene che il No in Friuli-V.G. è stato ancora più forte perché se in Italia si è votato contro Renzi, qui si è votato contro al Serracchiani?
«Si è votato contro Renzi ed il Renzismo e la Serracchiani è la vicesegretaria…».

Non tanto per questo. Quanto perché Serracchiani ha adottato Io stesso metodo-Renzi, imponendo alcune riforme, anticipando ad esempio la cancellazione delle Province e varando le Uti. Non solo, le si imputano perfino tratti caratteriali come quelli di Renzi.
«C’è una differenza sostanziale. Serracchiani è stata eletta direttamente dal popolo. E per quanto riguarda le riforme ritengo che prima delle elezioni ci dovrà essere il tempo per poter apportare quelle correzioni che si sono individuate, in modo da poterle completare perché funzionino al meglio».

Ma c’è ancora spazio o, meglio, tempo per farlo?
«Ci deve essere, perché se facciamo la corsa solo per intestarci questa o quella riforma, si va a sbattere».

Forse ha sbagliato verbo, voleva dire intestardirsi.
«Va bene… intestarsi ed intestardirsi. Non si tratta, insomma, di incassare un risultato, ma di progettare il futuro di questa Regione».

Se ci saranno le elezioni politiche anticipate, queste ci trascineranno al voto anticipato anche in Regione?
«Perché?».
«Se la Serracchiani si candiderà al Parlamento…».
«Lei o altri. Potrebbe accadere. Ed è proprio per questo che non mi auguro una campagna elettorale, corta o lunga che sia, fondata sulle polemiche personalistiche. Il Consiglio regionale deve restare una palestra di confronto sereno, costruttivo, per completare il programma che ci siamo dati. Già in questi giorni ho letto, anche nell’ambito della maggioranza, di provocazioni intrise di strumentalità. Per favore, abbassiamo i toni».

Renzi è cattolico. Eppure a troppi cattolici è rimasto inviso, Lei, da cattolico, come lo spiega?
«A tanti cattolici non è piaciuto il renzismo, quindi non sono piaciuti gli eccessi. Ma nella campagna referendaria ne abbiamo viste di tutti i colori. Partigiani, ad esempio, che hanno accusato Renzi di portare alla dittatura ed altri partigiani, invece, che l’hanno votato».

Sia sincero, la riforma bocciata a lei piaceva?
«Lo stesso Renzi diceva che non era perfetta. Comunque era votabile, aveva molti spunti buoni».

Come si spiega un no così prepotente?
«Tanti hanno semplicemente voluto mandare a casa Renzi. Altri si sono recati alle urne sospinti dai venti populisti».

La Riforma sulle Regioni poteva davvero essere votata?
«Senz’altro si, relativamente alla specialità. Da coordinatore dei Consigli regionali ho, invece, avuto da che ridire sulla compressione delle potestà delle ordinarie. I rischi di neocentralismo c’erano davvero».

Perché, dunque, lei ha votato Sì?
«Da friulano ho votato Sì perché mi garantiva sull’autonomia. Per il resto, nonostante alcuni limiti, la riforma snelliva complessivamente la “macchina”, il sistema»

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