«Friulani, siete vivi grazie ai vostri valori»

Vita Cattolica – 12 maggio 2016. Di Francesco Dal Mas

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

«Friulani, siete vivi grazie ai vostri valori»

Il Friuli è vivo perché sono vivi i valori che ne costituiscono l’anima. Cosi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso tenuto alla seduta straordinaria del Consiglio regionale, il 6 maggio, nell’auditorium della Regione di Udine, per l’occasione intitolato ad Antonio Comelli, con una semplice cerimonia – alla presenza dei figli del politico friulano, Gianfranco, Donatella e Antonella che ha visto lo scoprimento di un ritratto dell’ex presidente della Regione dipinto dall’artista Dora Bassi. Con i presidenti Debora Serracchiani (Giunta regionale) e Franco Iacop (Consiglio regionale) sono intervenuti numerosi consiglieri regionali ed ex consiglieri, nonché sindaci del terremoto, rappresentanti di ogni altra istituzione, ad incominciare dall’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, oltre all’ex commissario Giuseppe Zamberletti. L’opera della Chiesa è stata più volte ricordata ed additata come esempio.

Qual è stato l’esempio del Friuli al Paese? «Rialzarsi e ripartire», ha detto Mattarella aprendo il suo discorso. «Un esempio – ha proseguito – che le popolazioni del Friuli ci hanno dato più volte, come dopo la prima Guerra mondiale combattuta in queste contrade. Questa capacità conferma che le prove della vita esaltano i valori positivi delle persone e delle comunità e le proiettano verso traguardi più ambiziosi».

Mattarella ha ricordato ancora che il Friuli è un crocevia dell’Europa. Da qui si comprendono, meglio che da altri luoghi, le ragioni che sorreggono la visione di un’Europa più forte e più solidale. «La capacità della società friulana di fare sistema nei suoi organi rappresentativi, nei suoi apparati pubblici e nel coinvolgimento delle forze sociali ha delineato un modello, a partire proprio dalla collaborazione civile-militare, che ha ispirato ogni successivo sviluppo in materia di Protezione civile», ha aggiunto.

La «chiave» della rinascita fu «far ciascuno la propria parte», «il senso della comunità», insieme «cittadini, Comuni, Regione, Stato». A fronte dell’abbraccio dell’intero Paese» che «fu immediato: dal presidente del Consiglio Aldo Moro al Ministro dell’Interno dell’epoca, Francesco Cossiga, sui luoghi della tragedia nelle ore immediatamente successive». Infine, «non vi fu alcuna sottovalutazione dell’evento».

In chiusura del suo discorso al Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia in seduta straordinaria, il presidente Mattarella ha riportato una frase che Giuseppe Zamberletti pronunciò al termine del suo mandato, il 30 aprile del 1977, in parte riprendendo una frase di mons. Battisti: «Un popolo non muore con il crollo delle case e il Friuli è vivo perché sono vivi i valori che ne costituiscono l’anima».

La seduta era stata aperta dall’intervento del sindaco di Udine, Furio Honsell che ha parlato di terremoto come di un «Rinascimento» merito di ogni singolo friulano, di ogni singolo cittadino che venne da fuori a prestare soccorso e a aiutare.

È intervenuto, poi, il presidente del Consiglio regionale, Franco Iacop: «L’attribuzione della responsabilità diretta alla Regione e ai comuni nell’opera di ricostruzione fu resa possibile dal decentramento di poteri e di funzioni da parte del Governo nazionale».

Dopo l’intervento del Commissario straordinario del terremoto, Giuseppe Zamberletti, che ha ricordato l’importante ruoli dei sindaci e della delega ad essi dei poteri di intervento, la governatrice della Regione Serracchiani ha sottolineato, a sua volta, «come il terremoto sia stato prova terribile che ha forgiato il popolo friulano e da allora, le tante peculiarità storiche e linguistiche che lo caratterizzano si sono avviate a diventare la ricchezza di una sola comunità che prima ha scavato tra le macerie poi si è conosciuta e ha camminato insieme». Serracchiani ha evidenziato, inoltre che «senza la forza incredibili del popolo friulano, dimostrati nella tragedia, mai sarebbe nato il “modello Friuli”».

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